Trasferirsi, facile a dirsi
Non so come si fa. Non so come ci si trasferisce. Non l’ho mai fatto.
Alcune persone fanno decine di traslochi in una vita, altre non ne faranno mai,
come quei nonni che hanno vissuto tutta l’esistenza nello stesso paese e nella stessa casa.
E non saprei quale delle due categorie è la più fortunata.
Ad ogni modo dovrebbero esserci delle lezioni. Dovrebbero fare dei corsi. Di vari livelli: esiste il
trasferimento d’urgenza, quello d’istinto, quello per necessità ed indesiderato.
Ognuno di questi ha le proprie difficoltà.
Esiste quello che si sogna da sempre e a cui si ci rende conto di non arrivare affatto pronti,
come il mio.
Cosa si prende per prima? Sono una ragazza, dico i vestiti. Sono quelli la prima cosa.
Ma non è una vacanza. Mi servirà altro. Dovrò cucinare… ma come funziona?
Devo comprare delle pentole o l’appartamento che chiamerò casa ne è fornito?
Dovrò portare dell’acqua. Tante bottiglie di acqua preso dal rubinetto. Per il caffè, ovvio.
Perché ovunque vada non ha mai il sapore che ha a casa. E dicono sia l’acqua.
Si usano scatoloni o valigie?
E le paure dove si mettono? In valigia ci vanno?
La frenesia, l’emozione.. Le porto con me o dopo un po’ scadono?
Il terrore di salutare le amiche? È ingombrantissimo. “Ciao ragazze, io parto. Ci vedevamo troppo
poco spesso per abitare così vicine. Ora davvero non potremo più. A Natale forse ci abbracceremo”.
Dove lo metto?
Le facce dei familiari contenti ma tristi? Speditemele per posta vi prego. Anche se tristi,
ne ho bisogno. Su Skype, Whatsupp e qualsiasi altro mezzo sia disponibile oggi a questo mondo.
Il groppo in gola pronto ad esplodere in un pianto? Lo porto da subito o lo conservo per le volte
che tornerò e dovrò poi ripartire?
Ma chi prendo in giro, quello è sempre con me. Nella borsa del viaggio, pronto all’uso,
in caso di necessità in treno/aereo/quello che è.
Scrivete un manuale per favore. Lo comprerei subito.
Anzi no, lo scrivo io. Che mi riesca bene o male, avrò sicuramente imparato delle lezioni a riguardo.
Servirebbe la patente per trasferirsi: alcune persone magari non ne sono capaci e potrebbero
essere un pericolo per gli altri.
Io? Spero di passare l’esame. Anzi, è proprio il caso di una citazione: “io speriamo che me la cavo”.
Quello di guida andò male, ma ero molto nervosa ed era una cosa che non volevo fare.
Questa invece la voglio. Voglio imparare come si fa a traferirsi. Voglio capire come impacchettare la mia
vita e portarla con me, senza fare incidenti lungo il percorso.
Poi voglio scartarla una volta arrivata, e sistemarla sui miei nuovi scaffali Ikea.
È una cosa, però, che non si dovrebbe fare spesso: basta farla una volta, ma come si deve,
per rendere quello che verrà più bello, più nuovo e, diciamolo, meno traumatico.
Io lo imparerò sul campo dato che, a quanto pare, le uniche istruzioni sul tema disponibili
sono quelle per montare il mobilio.
Imparerò ma lascerò da parte la lezione. Non ne abuserò.
Te lo prometto mamma, perché so che mi leggi, che sarò una brava traslocatrice: chiamerò,
ti manderò foto, ti farò venire appena si può.
Telefonerò per la ricetta di qualcosa, anche se la conosco già o se non dovrò prepararla.
Ancora non parto ma mi rendo conto di aver già scritto la prima regola del manuale:
le persone che non puoi impacchettare e portar via con te, rendile più partecipi che puoi.
Perché puoi chiamare casa qualsiasi luogo, ma lo sarà davvero solo
quando troverai qualche magico modo di tener con te anche le persone che sono altrove.
Quando non penserai con nostalgia all’ultima volta che hai visto i tuoi cari,
ma con gioia alla prossima che li rivedrai.
Quando venendo a trovarti sapranno già dove prendere le lenzuola.
Allora non avrai lasciato una casa, ne avrai solo trovata una nuova. E con te le persone che ami.
Per quanto mi riguarda però c’è una condizione imprescindibile da aggiungere a tutto questo:
potrò chiamare casa un posto, solo quando vi troverò una vera pizza napoletana.
Intanto io parto. Con qualche mega-valigia pesantissima. In treno.
Mi guardo questa gallery di scene di partenze da film e dalle vite reali di alcune celebrità.
Le protagoniste sembrano appena uscite dal parrucchiedere, sorridono,
portano tutto in una piccola borsa…
Ecco: se domani vedrete una giovane donna in stazione che porta una valigia come se fosse vuota,
con tacchi, facchini pronti ad aiutarla, set Louis Vuitton… state pur certi che non sono io.
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