Influenza, creatività, K, cose da capire ed io
Un mio solito sproloquio, il mio divagare, il mio girare intorno ai concetti, sfiorarli, abbandonarli, riprenderli e sperare di innescare anche in voi uno spunto su cui riflettere.
Ormai un mese fa mi sono fatta incuriosire da un evento, il Top Digital Influencer, che prometteva di essere “Il primo evento italiano dedicato agli influencers della rete”. Ok, andiamo un po’ a sentire, per curiosità, cosa si potrà mai dire su un mondo che le aziende ancora non conoscono, gli influencer stessi non si sanno spiegare ed è tanto grande nei numeri quanto inconsistente nei fatti. Ed è emerso questo insomma: che anche chi ci si trova dentro non è che abbia tanto da raccontarci. “I social sono un fenomeno importante, da usare bene, le aziende possono trovarvi visibilità, bisogna essere originali” e via discorrendo.
Potrei aver frainteso io nel vederlo come un evento di approfondimento su un argomento molto interessante, ma ciò a cui ho assistito sono stati interventi quasi totalmente di superficie, che non hanno aggiunto praticamente nulla alle mie conoscenze. Probabilmente è stato lo stesso per la maggior parte dei ragazzi in sala, tutti con profili popolari, blog ed in qualche modo considerati o autocelebratisi “influencer”. Io devo ammettere di non essermi sentita completamente a mio agio, poiché sentivo di avere obiettivi diversi da quelli degli altri presenti.
Dove vuoi arrivare Serena? Ad esprimere quello che penso io. Devo ammettere ancora un’altra cosa: credo che la parola influencer non mi piaccia granché, mi da l’inquietante idea di un individuo capace di far piacere alle persone praticamente tutto, ma non facendo opinione, semplicemente avvalendosi del numero di follower, che per qualche assurdo motivo gli danno l’autorità e la credibilità per far sembrare una cosa qualsiasi #amazing #stupenda #top. Mi limito a dire questo e passerei a dire perché a me piace, al contrario, un modo diverso di essere in rete e sui social, quello che ti fa ricordare di un blog e di chi lo cura per dei tratti caratteristici, per la personalità, per il suo essere fedele a se stesso e uguale a nessun altro.
Il mondo del blogging (d’ora in poi è sottinteso che io intenda sempre e solo quello di qualità) è o dovrebbe essere una cosa diversa da quello degli influencer. A me piace pensare di essere in cammino verso il primo, di guadagnarmi lì il mio posto, la mia credibilità e i miei lettori, proprio in virtù di ciò che state leggendo: ovvero il mio blog. Non solo una pagina Facebook, non solo un profilo Instagram, ma dei contenuti che spero siano sempre interessanti e di vostro gradimento, che sviluppo e organizzo con un certo studio e un grande impegno e che di sicuro sono originali, nel senso che sono tutto frutto di questa mia testolina che per ore si spreme e scrive, edita (e qualche volta ha anche fulminee intuizioni).
E’ questa la differenza di fondo tra i due mondi che, lungi dal voler innalzare uno rispetto all’altro, vedo in effetti proprio agli opposti: da un lato c’è chi si prodiga nel mettere il proprio pensiero, le proprie ispirazioni e il proprio punto di vista al servizio dei lettori, chi cerca un dialogo e un confronto, chi vuole che le persone non si fermino ai social, che comunque curano con grande attenzione ed in modo personale, ma vadano a vedere chi c’è dietro; dall’altro popolarità e numeri, raggiunti magari con egual impegno e difficoltà, dove di sicuro, però, non c’è spazio per post come questi o dove, addirittura, post non ce ne sono affatto.
Se il web è ormai la nuova tv, il blogging a cui mi riferisco non è uno spazio pubblicitario, ma è il film, il programma coinvolgente o, ancor meglio, la serie tv, perché vien voglia di seguirli i blog che ci appassionano, di vedere cos’altro avranno da dire i blogger che ci piacciono tanto per come scrivono, scattano, per i luoghi che visitano e per come si vestono ma soprattutto apprezziamo il modo in cui rendono tutto ciò degno di nota e degno di essere letto sulle loro pagine online.
Sono ancora ben lontana dal capire come funzioni questo sistema, dal capire se potrò farne il mio lavoro a tempo pieno o se il mio blog resterò solo lo spazio delle mie passioni. Questo, per ora, lo vedo come un bene: posso infatti ancora dargli l’impronta che voglia, sono ancora in tempo per renderlo a mia immagine e somiglianza, per non scendere a compromessi e non tradire i miei gusti, per non vendermi e non comprare. Creare e condividere e basta, in attesa, se arriverà, di un’occasione per farlo in modo sempre migliore e magari più professionale.
Seppur io ne sia ancora davvero lontana, l’idea di diventare una “influencer” non mi attira così tanto. Mi attira di più la possibilità che un mio post vi ispiri un luogo da visitare o un modo di vestire, un film da vere, un nuovo punto di vista. Mi attira di più che un’azienda mi contatti perché gli piace il modo in cui racconto le cose e vuole farne parte, piuttosto che per il fatto che un numero di persone mi segue (e per fortuna sta succedendo così). Mi attira l’idea di riuscire a rendere quello che racconto unico e non mi attira affatto l’idea di essere omologata ad altri perché parliamo della stessa cosa. Credo che il contenuto e la forma, in questo senso, abbiano la stessa importanza. E per fortuna, altrimenti i blog non esisterebbero: perché sono proprio il luogo in cui si può parlare di qualsiasi cosa in un modo unico e personalissimo.
Credo nella qualità e nel valore delle cose, non nei K e ancor meno nell’avere tantissimi follower e nessuno che mi commenti, nessuno che voglia dialogare con me. Credo nell’importanza di difendere l’originalità del proprio lavoro di fronte a chi, senza creatività, scopiazza e non cita (ho visto da poco Big Eyes, film stupendo e straconsigliato, che mi ha toccato per il tema dell’appartenenza dell’opera che, anche se non del tutto inerente qui, è decisamente una cosa importantissima per me).
Credo in quella creatività che sento mi scorre nelle vene e lo dico anche un po’ in modo presuntuoso, lo ammetto, perché serve un’iniezione di autostima a lanciare un blog e soprattutto ad avere la costanza di continuare a curarlo aspettando lentamente i risultati. Ci sono scappatoie e trucchetti per “fare prima”, lo sapete bene, ma io non sono a caccia di numeri, né di regali. Sono a caccia di qualità, di soddisfazioni per l’anima e di persone come me. Perché, alla fine, se mi leggete vuol dire che un po’ mi somigliate e io tiro ad indovinare se abbiamo in comune un colore, un personaggio della Disney, il gusto del gelato o un modello di scarpa.
Ho scelto la strada più difficile, quella durante la quale ogni passo sarà incerto, breve e un po’ pesante… affinché il mio blog sia il perfetto prolungamento dei miei pensieri. Questo, lo so, non mi renderà una influencer ma spero mi faccia apprezzare di più e nel tempo, al di là delle mode.
ps: su questo argomento ci tengo tantissimo a sapere come la pensate! Inoltre avevo pensato di realizzare la mia top10 di blog di qualità.. vi piacerebbe sapere quali sono i blogger che reputo un esempio?