Ode al cappello
Potrete anche prendermi in giro per il mio ritornello, la mia filastrocca, il mio mantra, ma vi assicuro che è la pura verità: un cappello può seriamente migliorarmi una giornata. Stare sulla mia testa ed aggiungere quello che mi manca, essere il perfetto puntino sulle i di di gIornI qualsiasi che diventano giorni, forse sempre qualsiasi, ma con un cappello.
Giorni in cui non ho voglia né tempo di pensare ad un look, ma lungi da me l’uscire conciata in modo anonimo di casa, conciata senza un minimo personalità. Sono grata ai miei cappelli per la personalità che mi mettono in testa e che mettono negli sguardi delle persone che iniziano a guardarmi quando ne indosso uno.
Apro l’armadio e loro sono lì, in attesa di essere scelti, conservati con la cura che non ho per nessun’altra cosa, tutti con la carta dentro, ognuno con il proprio sacchetto per proteggerli dalla polvere e dal tempo. Quelli del nonno, quelli da bambina che mi vanno ancora perché ho la testa minuscola, quelli vintage da mercatino, quelli di marchi contemporanei, anche quelli di H&M, quelli regalati (chi mi ama sa come farmi felice): ognuno è importante e ognuno ha il suo perché, anche i berretti di lana.
Uno dei motivi per cui amo l’inverno è decisamente questo: i cappelli che posso indossare sono tantissimi e non esiste stagione che passi senza un nuovo acquisto. Non ho resistito nemmeno durante la scorsa MFW e, nonostante le temperature ancora calde, ho dovuto indossare questo nuovo Angiolo Frasconi. Il mio cappello è il mio martello di Thor, infatti guai a chi osa togliermelo.
Cappello Angiolo Frasconi, vestito Kaos, scarpe Zara.
Foto di Giovanni Gammarrota