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Quella certa dipendenza da “Quella certa dipendenza dal tasto invio”

quella certa dipendenza dal tasto invioSapevo già che avrei scritto un post su questo libro, quello di Lucia del Pasqua, Quella certa dipendenza dal tasto invio. Lo sentivo ancor prima di iniziarlo e finirlo in pochissimo tempo, solo leggendo la dedica, avevo già capito che mi avrebbe fatto riflettere e che avrei voluto consigliarlo. Dedica che mi ha subito confermato com’è Lucia: un’osservatrice, una che studia le persone e il mondo senza filtri.

Perché la lente che lei usa per guardarlo questo mondo è l’ironia e non è un filtro, anzi. Non addolcisce, non imbelletta, non esagera, non “parla male”. Mostra semplicemente la realtà vista da vicino. Tutte abbiamo comprato lo specchio doppio con da un lato la visione “reale” e da un lato la lente d’ingrandimento. Poi quando ci studiamo la pelle, i brufoletti ed i pori, alla fine ci spaventiamo e la parte che ingrandisce non la usiamo mai. Ci specchiamo nel lato “normale”, mentendo a noi stesse, usando una cortesia e un riguardo di cui non abbiamo bisogno. Lucia del Pasqua non li usa. Lei non ha paura della lente d’ingrandimento e con un solo sguardo si fa un’idea non solo di come è fatta la sua pelle, ma di come sono fatti una persona, un luogo, un vestito.

Il suo libro le somiglia in tutto e per tutto. Leggendolo tiri un po’ ad indovinare cosa si è immaginata da brava scrittrice e cosa invece ha preso dalla sua vita e l’ha cucito addosso a Penelope col suo gatto e i suoi vestiti vintage, il suo nuoto e la sua bici, la sua Milano e il suo appartamento colorato, la sua voglia di cambiare taglio di capelli senza riflettere troppo sui filosofici significati che le donne in genere vi attribuiscono, con la sua freddezza che in realtà è, forse, una paura di perdere se stessa in caso di amore.

Amore che, vedrete, alla fine trova e descrive come la più irrequieta delle romantiche, lei che gli uomini li aveva sempre affrontati in modo razionale, allergica alle relazioni e ai piagnucolii delle amiche che ne vivevano una o erano ossessionate dall’idea di trovarne. La storia di Penelope e Yannis (lui è greco, mica milanese… sarebbe impossibile farla innamorare di un milanese secondo me) è una storia scandita da messaggi su Whatsapp, da ansie da “visualizzato”, una storia nata su Facebook. Una storia che non può che essere così, per una persona che di social ci vive, essendo una fashion blogger. Che li usa e scrive di moda, frequenta le persone e gli eventi di questa moda e sa di dare a tutto ciò molto meno peso di quanto gliene diano gli altri. Che anche al centro di una festa in realtà resta fuori e osserva. Che la sfilata è davvero per vedere i vestiti e non per fare i mondani.

Lucia/Penelope dice la sua su questo universo in cui io per ora ho solo messo le punte dei piedi e che, anche grazie alla conoscenza di persone come lei, spero di prendere per il verso giusto. Questo insegna il libro: c’è un verso giusto per vivere le cose. Per vivere la moda ci vuole autoironia, realismo e una bella dose di fiducia in se stesse, per non farsi abbindolare, per non vendersi, per non cedere alla superficialità e alle marchette fatte male. Per vivere una storia d’amore ci vogliono le stesse cose e forse ancora più coraggio.

Io il libro, come vi ho detto, l’ho divorato. Ci ho riso, gli ho detto “hai ragione”, l’ho posato sul comodino e mi sono addormentata pensando che quello che dice lei lo pensiamo tutti, solo che non abbiamo il coraggio di metterlo su carta e nemmeno su Facebook.

Questa non è una recensione, sono dei complimenti personali a Lucia per il suo primo romanzo, così ben riuscito che è subito nella mia personale lista “il meglio del 2015”. Mentre lo stavo leggendo l’ho incontrata e lei mi ha chiesto “ma secondo te è porno?”. Ora che l’ho finito le ripeto: no, assolutamente no. Ma aggiungo che è sexy, è un libro sexy come una donna d’altri tempi.

Libro edito da Baldini & Castoldi 16,00 Euro in cartaceo profumato o disponibile anche in ebook  7,99 Euro

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