La prima Settimana della Moda non si scorda mai
Non so se vi sia mai capitato di avere sogni simili: quei sogni che più che sogni sono attese, perché sei talmente sicuro di viverli prima o poi, di realizzarli, che li vedi reali, all’orizzonte, non definiti nel tempo, ma reali.
Io lo sapevo, da sempre, che un giorno avrei vissuto la mia prima Settimana della Moda, a Milano (per le altre c’è tempo), la città che ho scelto e che non era, appunto, nei miei sogni, ma realissima e sicurissima. Sono fortunata perché credere così fortemente in qualcosa può causare dolorose delusioni, nel caso in cui non si riesca. Ma mi è andata bene e a 23 anni, al mio primo anno della magistrale, con un blog attivo da quattro mesi, ho potuto, in qualche modo, viverla.
Qui è Serena che parla, non la blogger di The Peter Pan Collar. Serena, la ragazza che osserva e studia, che coglie dettagli e ispirazioni, che timidamente si presenta e un po’ meno timidamente parla di ciò che ama. Sì… in effetti mi rendo conto di non fare una grossa distinzione tra la me ragazza e la me blogger, forse è per questo che blogger non mi piace definirmi. E si, mi piace tantissimo divagare, avete ragione. Torniamo alla mia prima Settimana della Moda, è di questo che parla il post. Il fatto che fosse la prima, che non avessi poi tutti questi inviti, me l’ha fatta vivere un po’ dall’esterno, un po’ distaccata. Come se volessi studiarla, prima di buttarmi davvero nella mischia. Come quando misuriamo la temperatura dell’acqua con la punta dei piedi prima di tuffarci.
Le mie considerazioni vi faranno ridere: se allo scintillio e alle apparenze, per sentito dire, mi ero preparata, alcune piccole cose proprio non me le aspettavo.
Alcune facce tristi, tanto per cominciare, perché ero convinta che le persone fossero felici di andare alle sfilate e invece tanti musi lunghi.
Le mise ideata appositamente per lo streetstyle, perché c’è chi ancora spera di essere fotografato se si concia in modo assurdo. Ma per fortuna, considerata la misura di brutti look visti per strada e di foto trovate in giro sul web, sembra che i fotografi l’abbiano capito di dover cercare un po’ più le cose belle e meno le cose appariscenti.
Il fatto che tutti corrono alla fine di uno show. No, non ci credo che avete TUTTI una sfilata che inizia tra pochi minuti. Vi alzate per inerzia perché lo fanno tutti gli altri ma poi rimanete fuori a chiacchierare… non siete davvero di fretta o come dite qui non “avete premura”.
Le feste che non sono selettive per niente, venite e divertitevi (se ci riuscite), perché l’invito è relativo ma entran tutti. Non dirò lo stesso delle sfilate, perché io non sono nessuno eppure i miei inviti li ho ricevuti, certo è brutto che per questa mania di far un gran pubblico, restino fuori blogger con il loro regolare invito e probabilmente più desiderate lì, rispetto a chi semplicemente si trovava avanti in fila per un caso di fortuna. Da Vivetta è successo ad alcune blogger che seguo, ad esempio.
Le presentazioni, poi, sono belle solo se si capisce qualcosa delle collezioni, se qualcuno te le racconta, non se ci sono le cose esposte e uno pseudo dj messo lì a far scena. Sono i brand più grandi quelli più superficiali, troppo sicuri di loro stessi, trascurano la spiegazione delle loro proposte.
Si può pranzare e cenare con i vari stuffichini che vi vengono offerti. Io ho dimenticato di pranzare per due giorni, e non avevo certo molti impegni. Mi chiedo insomma come faccia Anna dello Russo, se qualcuno le lanci un panino mentre corre da una sfilata all’altra. (Lo state pensando tutti, che è questo, forse, il motivo per cui tante personalità del mondo della moda sono così magre, anche se non sono modelle).
Alla fine ci si stanca, intendo fisicamente, (persino io che, lo ripeto, non ho fatto granché!), e l’ultimo giorno invece che andare alla festa ero a mangiare cinese al ristorante sotto casa con il fidanzato ed un amico, a raccontare con l’unico filo di voce rimasto (dato che mi sono ammalata naturalmente) delle cose belle che avevo visto. Sì, le cose belle, certo che ci sono.
Le sfilate emozionano, ma forse solo me, novellina. Essere in una stanza a vedere per primi i capi di una collezione, le idee di uno stilista che prendono forma per la prima volta durante lo show in passerella, le musiche, le luci, quando alla fine il designer esce e gli si applaude. Magia.
La città è avvolta da una frenesia buona, eccitante. E’ sotto i riflettori del mondo per quella settimana. In giro persone ben vestite, altre meno ma che credono di esserlo, persone da ogni dove. Sfiori il gomito a un uomo dai lineamenti stranieri, magari è importantissimo: un investitore, un grande redattore, il proprietario di qualche maison, e non lo sai, ma potrebbe essere. E’ un andirivieni di macchine della Camera della Moda con i vetri oscurati, di echi musiche dalle feste private. Risate in altre lingue. Passa un furgone e magari lì dentro c’è la collezione di Antonio Marras.
Non posso dire che ricorderò per sempre le collezioni che ho visto durante la mia prima Milano Fashion Week, fatta eccezioni per le cose di cui vi racconto naturalmente ( come Fatima Val, Luisa Tratzi, Chicca Lualdi, Nicholas K.. ), ed in questo il mio blog mi fa un po’ da diario. La moda è moda e tra qualche anno se vedrò un cappotto di L’autre Chose probabilmente non ricorderò di averlo visto durante questa settimana alla presentazione.
Di sicuro però ricorderò le sensazioni che ho vissuto e ricorderò i momenti legati alle persone: ricorderò di aver incontrato Chiara Ferragni e di averci chiacchierato, non da fan, ma scambiando con lei opinioni sulla sfilata Next Generation. Di aver parlato con alcune persone che seguo, i miei personaggi del web preferiti, che mi hanno ispirata ad aprire il mio blog. Di aver parlato a lungo con uno dei redattori che più ammiro, di cui ho analizzato gli articoli per la mia tesi di laurea e che lui se la ricordava. E a quel punto della festa intorno non ricorderò nemmeno la location, nè i bicchieri di Francia Corta, le modelle magrissime, gli abiti in passerella o quelli di chi stava nel front row. Ricorderò però che è stato proprio quello il preciso istante in cui ho capito di iniziare a far parte di questo folle, assurdo, controverso, irrazionale, splendente e favoloso mondo che è la moda.
E spero, inoltre, di ridere della mia impreparazione della mia ingenuità tra qualche anno, rileggendo questo post. Intanto adesso ne sorrido. E ricordo a me stessa che non sono mai stata una che entra in acqua gradualmente, che sia fredda o tiepida. Io mi lancio in un unico tuffo deciso.